Il sindacato: “Risorse insufficienti, mancano 9 miliardi l’anno”. Gimbe: “Persi 17,5 miliardi in quattro anni”
La manovra 2026 riaccende il dibattito sul rischio di definanziamento della sanità pubblica. Cgil e Fondazione Gimbe lanciano l’allarme, contestando i numeri del Governo e denunciando la riduzione progressiva della quota di Pil destinata al Servizio sanitario nazionale (Ssn).
“La legge di Bilancio prevede risorse del tutto insufficienti ad affrontare il drammatico sottofinanziamento della sanità pubblica”, ha dichiarato Daniela Barbaresi, segretaria confederale della Cgil. “Dal 2022 il Governo ha ridotto di quasi mezzo punto di Pil il finanziamento alla sanità, pari a circa 9 miliardi di euro in meno ogni anno”.
I conti della Cgil
Secondo le stime del sindacato, il Fabbisogno Sanitario Nazionale ammonterà a 136,5 miliardi nel 2025 (6,05% del Pil) e a 142,9 miliardi nel 2026 (6,15%), con incrementi di 2,4 miliardi nel 2027 e 2,65 miliardi nel 2028.
“In rapporto al Pil, il finanziamento del Ssn resterà comunque inadeguato – ha aggiunto Barbaresi – toccando nel 2028 il minimo storico del 5,93%”.
La Cgil propone un incremento dei fondi di 10,5 miliardi nel 2026, 14,2 miliardi nel 2027 e 14,7 miliardi dal 2028, da destinare al potenziamento dei servizi pubblici e alle assunzioni nel settore sanitario.
Gimbe: “Definanziamento strutturale”
Sulla stessa linea la Fondazione Gimbe, che in audizione davanti alle Commissioni Bilancio ha parlato di “definanziamento strutturale”.
“A fronte di miliardi sbandierati in valore assoluto – ha spiegato Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione – la sanità pubblica ha perso in quattro anni l’equivalente di una legge di Bilancio”.
Secondo le analisi Gimbe, tra il Fondo sanitario effettivo e quello che si sarebbe ottenuto mantenendo il livello di finanziamento del 6,3% del Pil del 2022, si registra un gap cumulato di 17,5 miliardi di euro nel periodo 2023-2026.
L’aumento nominale delle risorse, avverte la Fondazione, maschera una progressiva riduzione della quota di Pil destinata alla sanità: dal 6,3% del 2022 al 6,05% nel 2027 e fino al 5,93% nel 2028. Inoltre, circa 430 milioni dei fondi annunciati derivano da risorse già previste in provvedimenti precedenti.
Le preoccupazioni di Farmindustria e Fnopi
Nel corso della stessa audizione, il presidente di Farmindustria, Marcello Cattani, ha riconosciuto alcuni aspetti positivi della manovra, ma ha avvertito che “il risultato complessivo non è ancora sufficiente a mantenere l’Italia attrattiva”.
Tra le richieste dell’associazione: un aumento del tetto per gli acquisti diretti di almeno 0,5%, l’esclusione dei plasmaderivati dal calcolo della spesa soggetta a tetto e il superamento strutturale del payback, con un modello basato sul valore dei farmaci. Cattani ha inoltre sollecitato più risorse per prevenzione, immunizzazione e screening, oltre a un sistema di early access per l’accesso rapido alle terapie innovative.
Anche la presidente della Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi), Barbara Mangiacavalli, ha chiesto maggiore chiarezza sulla destinazione dei fondi per le assunzioni.
“Serve un piano strutturale di investimento sulla professione – ha spiegato – in termini di formazione, sviluppo di carriera e percorsi specialistici, con risorse distribuite in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale”.







