Condannata una donna per “revenge porn” e stalking: adescava uomini per vendicare donne tradite

Inviava ai compagni delle vittime messaggi erotici scambiati in chat

Una donna di sessant’anni è stata condannata dal tribunale di Prato per revenge porn, diffamazione, stalking e sostituzione di persona. La condanna, di due anni e quattro mesi, è stata emessa in primo grado, insieme a quella del figlio trentenne, condannato a un anno e otto mesi per stalking e sostituzione di persona.

Secondo le accuse, la donna avrebbe messo in atto un vero e proprio piano di “vendetta” nei confronti degli uomini infedeli, utilizzando profili falsi sui social per adescare le loro vittime e poi inviare i messaggi erotici scambiati con loro alle compagne, famiglie, amici e colleghi dei malcapitati. Il caso che ha portato alla condanna è iniziato nel 2020, ma non sarebbe stato il primo episodio di questo tipo per la donna, che avrebbe precedentemente agito in modo simile, senza però mai chiedere denaro per il suo silenzio. La sua motivazione, dichiarata più volte, sarebbe stata quella di farsi giustizia per le donne tradite, che, secondo lei, venivano ingannate dagli uomini infedeli.


Il piano e l’aiuto del figlio

Nel febbraio del 2020, la donna ha adescato un uomo di 30 anni di Prato attraverso un profilo falso sui social. Con il pretesto di una richiesta di amicizia, ha avviato una conversazione con lui, scambiando messaggi erotici. Una volta ottenuto il materiale compromettente, ha inviato le chat stampate non solo alla compagna dell’uomo, ma anche a familiari, amici e colleghi della coppia. Le chat sono state persino inviate per raccomandata al posto di lavoro della donna tradita.

La condanna è arrivata anche grazie alle indagini condotte dalla polizia, che ha identificato la donna dopo che la coppia presa di mira aveva segnalato di essere pedinata. La donna, infatti, non si è fermata alla semplice azione di vendetta, ma ha deciso di intensificare il suo “lavoro” da giustiziera dei tradimenti: ha pedinato l’uomo in più occasioni, accumulando materiale fotografico per provare la sua infedeltà, e cercando in ogni modo di costringere la coppia a separarsi.


Il ruolo del figlio

Il figlio della donna ha giocato un ruolo attivo nell’operazione. Oltre a creare i profili falsi online, ha collaborato al pedinamento dell’uomo e alla raccolta di materiale compromettente. Entrambi i condannati sono stati accusati di aver causato un notevole danno psicologico e relazionale alle vittime, sfruttando le nuove tecnologie per mettere in atto una sorta di giustizia personale e per interferire nelle relazioni private degli altri.


Le reazioni e la condanna

Durante il processo, la difesa della donna ha cercato di giustificare le sue azioni come una risposta alla “danno subito dalle donne tradite”, ma la corte ha ritenuto che le sue azioni non fossero giustificate, considerando la violazione della privacy e il danno provocato alle vittime. La condanna ha messo in luce i pericoli derivanti da comportamenti di revenge porn, che, sebbene spesso sottovalutati, possono causare danni enormi alla vita privata e sociale delle persone coinvolte.

La vicenda ha sollevato anche riflessioni sulla gestione dei social media e sulla necessità di maggiore tutela contro l’abuso delle nuove tecnologie per scopi vendicativi.

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