Ddl stupro: cosa prevede ora il testo all’esame del Senato

Dal consenso libero e attuale alla nozione di particolare vulnerabilità

Il disegno di legge sulla violenza sessuale, approvato in prima lettura dalla Camera e ora fermo al Senato per ulteriori approfondimenti richiesti dalla maggioranza, interviene con un unico articolo che riscrive completamente l’articolo 609-bis del codice penale.

Il consenso libero e attuale

La riforma introduce per la prima volta una definizione esplicita di “consenso”, in linea con i principi della Convenzione di Istanbul. Viene chiarito che il consenso deve essere libero e attuale: qualsiasi atto sessuale compiuto in assenza di queste condizioni sarà considerato violenza sessuale.
In pratica, il fulcro della norma diventa la volontà della persona coinvolta, espressa senza costrizioni e valida nel momento stesso dell’atto.

Le tre condotte punite

Il testo in vigore punisce chi “con violenza, minaccia o abuso di autorità costringe” qualcuno a compiere o subire atti sessuali, con pene da sei a dodici anni.
La nuova formulazione estende e chiarisce le possibili condotte illecite: commette reato chi compie, chi fa compiere o chi fa subire atti sessuali a un’altra persona senza il suo consenso libero e attuale.
L’obiettivo è ricomprendere ogni forma di violenza, diretta o mediata, superando il riferimento esclusivo a violenza, minaccia o autorità.

La “particolare vulnerabilità”

La revisione interessa anche il secondo comma dell’articolo. Oggi la norma riguarda l’induzione ad atti sessuali approfittando di una condizione di inferiorità fisica o psichica. Il ddl amplia questo concetto: costituisce violenza sessuale anche l’abuso di una situazione di inferiorità fisica o psichica oppure di particolare vulnerabilità della vittima.
Quest’ultimo elemento è una novità e mira a includere tutte quelle condizioni personali, familiari o di contesto che possono rendere più difficile esprimere un consenso davvero libero e attuale.

Le attenuanti

Resta infine invariato il terzo comma, che consente una riduzione della pena — fino a due terzi — nei casi considerati di minore gravità.

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