L’Italia continuerà a sostenere Kiev «con tutto il necessario, comprese le armi», finché la guerra non sarà finita. Giorgia Meloni prova così a chiudere settimane di tensioni interne alla maggioranza, dopo il caso del decreto Ucraina apparso e poi ritirato nel giro di poche ore. La premier assicura che il provvedimento – slittato per ragioni «solo tecniche» – arriverà entro fine anno, come avviene dal 2022.
Le resistenze maggiori provengono dalla Lega, da sempre prudente sugli aiuti militari. Ma la presidente del Consiglio, in missione nel Golfo, respinge le polemiche: il decreto «serve» e «non significa lavorare contro la pace».
Missione nel Golfo e cooperazione regionale
Meloni si trova in Bahrein, accolta dai leader dei sei Paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo. L’obiettivo è stringere una partnership economica e strategica più ampia, con l’Italia come «porta d’accesso all’Europa». La premier parla al tramonto davanti alla cattedrale di “Nostra Signora d’Arabia”, simbolo del dialogo interreligioso: «Qui convivono una chiesa, una moschea e una sinagoga», sottolinea, chiedendo collaborazione contro terrorismo ed estremismo.
Con gli interlocutori arabi Meloni discute anche della crisi in Medio Oriente e della fragile tregua a Gaza, ribadendo il sostegno alla soluzione dei due Stati come unico percorso verso una pace duratura.
Il decreto Ucraina e le tensioni con la Lega
Sul fronte ucraino, Meloni minimizza le polemiche, dopo aver richiamato alla prudenza anche l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, «mal interpretato» su un intervento relativo alla cybersicurezza. Garantisce che entro Natale ci sarà più di un Consiglio dei ministri utile ad approvare il decreto che autorizza l’invio di aiuti militari a Kiev.
La Lega però insiste con i distinguo. Il capogruppo al Senato Massimiliano Romeo avverte che «una semplice proroga rischia di non essere allineata al percorso negoziale». Matteo Salvini, intanto, torna a evocare la necessità di ricostruire «ponti» non solo con Kiev, ma anche con Mosca.
Gas russo, Mes e asset congelati: altri fronti di frizione
Le divergenze non riguardano solo il decreto armi. Via Bellerio ha frenato anche sull’addio al gas russo, celebrato come un successo a Bruxelles, e sull’ipotesi di sbloccare gli asset russi congelati tramite garanzie del Mes, proposta su cui si era mostrato aperto anche il ministro Antonio Tajani.
Per la Lega sarebbe meglio vendere le quote italiane e utilizzare le risorse «per abbassare le tasse». Una strada che ad oggi appare poco praticabile anche dentro il governo, dato che l’Italia non ha mai ratificato il Meccanismo europeo di stabilità, posizione condivisa anche da Fratelli d’Italia.







