Tensioni nella maggioranza sul decreto per le nuove forniture militari all’Ucraina. Forza Italia lancia un avvertimento alla Lega: un eventuale voto contrario – o anche solo un’astensione – rappresenterebbe “un serio problema politico”. L’ipotesi di un dissenso da parte del Carroccio emerge mentre continuano le trattative internazionali per trovare una via d’uscita al conflitto.
La premier Giorgia Meloni, che nel pomeriggio ha incontrato l’attorney general statunitense Pam Bondi, segue da vicino l’evoluzione dei negoziati. Nella call con il gruppo dei “Volenterosi” non sono trapelate dichiarazioni ufficiali, in una giornata definita interlocutoria soprattutto sul fronte europeo, impegnato a sciogliere il nodo degli asset russi congelati. Roma mantiene una posizione prudente, preoccupata dalle implicazioni legali dell’utilizzo dei beni degli oligarchi per finanziare l’Ucraina. Tra le ipotesi allo studio, lasciare ai singoli Paesi la libertà di scelta.
Il tema dei miliardi bloccati nell’UE è stato al centro della discussione anche tra gli stessi “Volenterosi”. I colloqui di pace tra Washington e Kiev dovrebbero proseguire sabato a Parigi con la partecipazione degli europei, e anche l’Italia potrebbe essere rappresentata dal consigliere diplomatico della premier, Fabrizio Saggio. Incerto, invece, il possibile incontro di lunedì a Berlino.
Nonostante le difficoltà, l’obiettivo di Roma è preservare la compattezza dell’asse Bruxelles–Washington, almeno mantenendo un “non dissenso”. Lo riconosce anche il vicepresidente della Commissione UE Raffaele Fitto, che invita a tenere saldo il rapporto con gli Stati Uniti, definendo l’alleanza transatlantica “una grande prospettiva e una grande certezza”. Il messaggio, aggiunge, è chiaro: pieno sostegno all’Ucraina “senza se e senza ma”.
La linea è ribadita anche dalla premier Meloni, che nell’ultimo incontro con Volodymyr Zelensky ha confermato il sostegno italiano, non solo militare ma anche umanitario, con l’invio di generatori e macchinari per l’ospedale pediatrico di Odessa.
Secondo i vertici di Fratelli d’Italia, il decreto sulle armi sarà varato “senza dubbi” entro fine anno, probabilmente nell’ultimo Consiglio dei ministri del 29 dicembre, e ricalcherà i provvedimenti adottati negli ultimi quattro anni.
La Lega potrebbe accontentarsi di un richiamo agli sviluppi del piano di pace statunitense da inserire nella risoluzione che sarà votata la prossima settimana dopo le comunicazioni della premier in vista del Consiglio europeo. Per segnare una distinzione senza provocare strappi, i ministri leghisti potrebbero scegliere di non partecipare al Cdm che approverà il decreto. Tuttavia, avverte il portavoce di FI Raffaele Nevi, anche un’astensione aprirebbe “un serio problema” nella maggioranza: la prima crepa significativa, difficilmente rimarginabile.
A tentare di smorzare i toni interviene il presidente del Senato Ignazio La Russa, che ricorda come la guerra in Ucraina sia “uno dei pochi temi” su cui le sensibilità della coalizione differiscono, ma che finora “non c’è mai stato un voto difforme”. E ribadisce: nella maggioranza, così come in una parte significativa dell’opposizione, “c’è pieno accordo sulla necessità di non abbandonare l’Ucraina”.







