Il dossier ex Ilva entra nel vivo. Flacks Group ha presentato una offerta vincolante per rilevare l’acciaieria, proponendo di acquisirla per 1 euro e lasciando allo Stato italiano una quota del 40%, con l’impegno a rilevarla in futuro per un valore compreso tra 500 milioni e 1 miliardo di euro.
A illustrare i dettagli è il fondatore Michael Flacks, intervistato da Bloomberg. Il gruppo statunitense prevede investimenti significativi per riportare la produzione a 4 milioni di tonnellate l’anno e raggiungere una capacità occupazionale di 8.500 lavoratori. Il costo complessivo del risanamento, stima Flacks, ammonterebbe a circa 5 miliardi di euro, cifra per la quale sarebbero già stati individuati finanziamenti da istituti italiani e americani.
Intanto è attesa a breve anche l’offerta dell’altro pretendente, Bedrock, mentre altri due soggetti hanno chiesto accesso alla due diligence, segno che la partita resta apertissima.
Urso: “Ingressi pubblici possibili se richiesti dal privato”
Sul ruolo dello Stato è intervenuto il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che al termine dell’audizione in Commissione Industria al Senato ha definito “piuttosto realistica” la possibilità di un ingresso pubblico nella compagine societaria del futuro acquirente.
Urso ha ribadito che una partecipazione statale è possibile solo se richiesta dal soggetto privato, come supporto agli ingenti investimenti necessari per la riconversione green e il rilancio del gruppo. La società pubblica potrebbe intervenire direttamente nella gara, purché presenti una proposta migliorativa rispetto a quelle già sul tavolo.
In ogni scenario, ha precisato il ministro, il pubblico avrebbe un ruolo finanziario, mentre la guida industriale resterebbe al socio privato.
In arrivo il decreto per la continuità produttiva
Sul fronte normativo, il Parlamento sta approvando l’ultimo decreto Ilva, destinato a garantire la continuità produttiva degli stabilimenti. Urso ha sottolineato che questo passaggio è indispensabile per avviare il percorso di decarbonizzazione, con investimenti nei forni elettrici da completare tra i prossimi 4 e 5 anni, al fine di rendere green la produzione di Taranto entro il 2035.
Tensioni politiche e proteste sindacali
Intanto, i sindacati continuano la mobilitazione e chiedono al governo il ritiro del cosiddetto “piano corto”, giudicato un piano di fatto orientato alla chiusura. Tensioni anche nel Consiglio comunale di Taranto: la maggioranza che sostiene il sindaco Piero Bitetti è in difficoltà dopo la firma del documento congiunto di Comune, Regione, Provincia e organizzazioni sindacali. Malumori emergono tra Verdi e Pd, mentre il Movimento 5 Stelle critica apertamente l’impostazione del governo.







