Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti respinge con decisione le accuse di ingerenze e pressioni nella dismissione delle quote statali di Monte dei Paschi di Siena e rivendica la correttezza dell’operato del Mef. Nel corso di un’informativa di 14 pagine letta alla Camera, il ministro ha sottolineato come l’istituto senese sia oggi risanato e abbia agito in piena autonomia nella decisione di lanciare l’operazione su Mediobanca.
Giorgetti ha ribadito la fiducia nell’amministratore delegato Luigi Lovaglio e ha chiarito che ogni futura decisione sulla quota residua dello Stato in Mps, pari al 4,8%, non sarà presa “in una logica di mera cassa, ma strategica”. Ha inoltre annunciato che il Mef non presenterà una propria lista in occasione del prossimo rinnovo del consiglio di amministrazione della banca.
Nel frattempo, il cda di Mps ha fatto il punto sui cantieri aperti per l’integrazione con Mediobanca, valutando anche l’ipotesi di un possibile delisting dalla Borsa di Milano.
Le polemiche sulla cessione del 15% e il ruolo di Banca Akros
Il ministro ha fornito ampi dettagli sull’operazione più contestata, ovvero la cessione del 15% di Mps avvenuta nel novembre 2024, finita a Caltagirone, Delfin, Anima e Banco Bpm. La scelta di Banca Akros (gruppo Banco Bpm) come bookrunner, ha spiegato Giorgetti, è stata motivata dal fatto che l’offerta garantiva “le migliori condizioni economiche” per lo Stato.
Banca Akros aveva infatti indicato un prezzo minimo garantito di 5,513 euro per azione, con uno sconto dello 0,05% rispetto al prezzo di chiusura del titolo Mps del 13 novembre 2024. Il Mef, ha precisato il ministro, non conosceva in anticipo né il numero né l’identità degli investitori, informazioni emerse solo con la presentazione finale del book.
Secondo Giorgetti, la procedura ha ricevuto anche il via libera della Commissione europea che, dopo un’istruttoria, ha concluso che l’operazione è stata “aperta, trasparente e competitiva”. In questo contesto, le dimissioni dei cinque rappresentanti del Mef nel dicembre 2024 sarebbero state coerenti con gli impegni presi con Bruxelles sulla perdita del controllo pubblico.
Il bilancio per lo Stato e la replica a Orcel
Il ministro ha rivendicato il risultato economico dell’operazione: complessivamente lo Stato ha incassato circa 2,6 miliardi di euro, a fronte di un investimento di circa 1,6 miliardi effettuato nel 2022, mantenendo una quota residua oggi valutata intorno a 1,2 miliardi.
A chi, come l’ad di Unicredit Andrea Orcel, ha lamentato di non aver potuto partecipare alla cessione, Giorgetti ha replicato ricordando che il Mef ha effettuato tre operazioni di ABB e che Unicredit non aveva partecipato alle prime due.
Sceso sotto il 5%, il Mef – ha ribadito – non ha avuto alcun ruolo nella decisione “autonoma” di Mps di lanciare l’Opas su Mediobanca, limitandosi a prenderne atto e a votare a favore dell’aumento di capitale nell’assemblea di aprile.
Maggioranza compatta, opposizioni all’attacco
In Aula, la maggioranza ha difeso l’operato del governo. Per la Lega, con Giulio Centemero, “non c’è stata alcuna svendita” e “i numeri dimostrano il successo dell’operazione”, sottolineando che il Mef non è oggetto di indagini. Fratelli d’Italia, con Marco Osnato, ha ricordato come Mps fosse “sull’orlo del fallimento” e che il risanamento abbia permesso di restituire risorse agli italiani.
Di segno opposto le reazioni delle opposizioni. Il Pd, con Virginio Merola, accusa il ministro di non aver risposto sui nodi centrali della vicenda e di aver favorito “interessi di parte e cordate”, parlando di una gestione che avrebbe danneggiato l’interesse nazionale. Critiche dure anche dal M5s: Marco Pellegrini parla di un Giorgetti “con le mani in pasta nel risiko bancario”, denunciando una rete di incarichi e operazioni che, a suo dire, dimostrerebbero un ruolo attivo del Mef nelle recenti manovre del settore.
Un tema, quello delle cessioni e dei possibili concerti, che resta sotto l’attenzione della Procura di Milano e continua ad alimentare lo scontro politico.







