Il decreto Ucraina ultimo nodo del 2025, crescono le tensioni tra gli alleati
Archiviata a fatica la manovra economica, per il governo resta ancora un ultimo passaggio prima della fine dell’anno: l’approvazione del decreto legge sul sostegno militare all’Ucraina. Un provvedimento che rischia di riaccendere le tensioni nella maggioranza e che rappresenta la coda di un 2025 definito dalla premier Giorgia Meloni «tosto per tutti».
Nel discorso di auguri ai dipendenti della Presidenza del Consiglio, Meloni ha tracciato un bilancio dell’anno appena trascorso, accompagnandolo con una battuta dal sapore amaro: «Non preoccupatevi, perché l’anno prossimo sarà molto peggio. Quindi riposatevi durante queste feste, perché dobbiamo continuare a dare risposte a questa nazione straordinaria».
Le sfide del 2026
Nei prossimi sei mesi Palazzo Chigi sarà chiamato a centrare gli obiettivi del Pnrr, affrontare l’esito del referendum costituzionale sulla giustizia e portare avanti dossier politicamente sensibili come la riforma del premierato e l’eventuale modifica della legge elettorale. Il tutto in un anno che precede le elezioni, in un contesto politico tutt’altro che stabile.
«A parte noi, tutti i partiti sono in fibrillazione», osserva un esponente di primo piano di Fratelli d’Italia. Le tensioni non riguardano solo l’opposizione, ma anche la maggioranza: la manovra ha fatto emergere frizioni tra la Lega e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, mentre resta alta l’attenzione sul futuro politico del governatore veneto Luca Zaia. In Forza Italia, intanto, il dibattito interno si è riacceso tra le spinte al rinnovamento della famiglia Berlusconi e la “scossa liberale” promossa dal vicesegretario Roberto Occhiuto, in vista dei congressi regionali della prossima primavera e di quello nazionale previsto per l’inizio del 2027.
Il decreto Ucraina
In questo quadro complesso, l’ultimo nodo del 2025 resta il decreto per prorogare l’autorizzazione all’invio di armi a Kiev. La Lega continua a chiedere paletti più stringenti, puntando su una prevalenza degli aiuti alla popolazione civile e su un riferimento esplicito ai negoziati di pace in corso.
Negli ultimi giorni si è parlato di una trattativa tra il sottosegretario Alfredo Mantovano, il ministero della Difesa e il senatore leghista Claudio Borghi. Ma il ministro Guido Crosetto smentisce qualsiasi frizione: «Sul decreto Ucraina non c’è mai stato disaccordo. Il 29 dicembre vedrete il contenuto del provvedimento. Come dice il Vangelo, dai frutti li riconoscerete. Il decreto è chiuso da settimane».
Versione diversa quella che filtra dalla Lega, secondo cui la partita sarebbe ancora aperta. Non è escluso, dunque, che serva un confronto finale tra Meloni e i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini per superare l’ultima impasse dell’anno.
Una pausa breve
Dopo il primo, sofferto via libera alla manovra al Senato, la premier si è concessa una breve pausa: la cerimonia di auguri ai dipendenti di Palazzo Chigi («Non siete al servizio del governo, ma del popolo italiano») e un brindisi con i parlamentari di FdI, prima di staccare la spina per 48 ore. Un consiglio esteso anche ai giornalisti: «Se mi fermo io per Natale, fatelo anche voi. Almeno per due giorni».
Subito dopo, però, il governo dovrà tornare al lavoro per chiudere l’ultimo dossier del 2025 e prepararsi a un 2026 che, come avverte la stessa Meloni, si annuncia ancora più complicato.







